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venerdì 28 dicembre 2012

ACI TREZZA, TUTTO CAMBIO' DOPO 'LA TERRA TREMA'

Uno scorcio di Aci Trezza con i suoi faraglioni lavici in una fotografia di Ezio Quiresi tratta dall'opera
"Sicilia-Attraverso l'Italia" edita  nel 1961 dal TCI.
Sino al 1949, la borgata bagnata dallo Jonio
era sconosciuta anche a molti siciliani.
Dopo che Luchino Visconti vi realizzò le riprese del film "La terra trema", buona parte dei pescatori avviò lo sfruttamento turistico della località, cancellandone di fatto l'originaria bellezza 

Le fotografie riproposte in questo post da ReportageSicilia sono la testimonianza di un fenomeno documentario che a partire dagli inizi degli anni Cinquanta mise in primo piano Aci Trezza ed i suoi pescatori.
Le immagini sono tratte da varie pubblicazioni dedicate alla Sicilia, edite sino all’ultimo scorcio degli anni Sessanta, ed indicano l’interesse per un luogo che sino al 1950 era rimasto ignorato da gran parte degli stessi siciliani.

Pescatori al lavoro sulle reti a pochi metri dal mare.
La fotografia riproposta da ReportageSicilia è tratta dal volume di
Giuseppe Caronia "Urbanistica come civiltà-Rapporto sulla Sicilia",
edito nel 1961 da S.F.Flaccovio.
Pochi anni prima, decine di abitanti della borgata avevano recitato come attori non professionisti nel film di Visconti, ottenendo compensi economici che avrebbero modificato le aspettative della comunità locale e l'aspetto dell'ambiente in cui era sino ad allora vissuta 
I motivi per cui schiere di cronisti e fotoreporter scoprirono il sino ad allora sconosciuto villaggio bagnato dallo Jonio sono ovviamente legati al clamore riscosso nel 1948 dal film di Luchino Visconti “La terra trema”.
Il regista ambientò proprio ad Aci Trezza il romanzo “I Malavoglia” di Giovanni Verga, soggiornandovi quasi ininterrottamente dall’ottobre del 1947 e sino a maggio dell’anno successivo.

Una barca rientra a terra nella luce del tramonto,
sfiorando nella sua rotta i quattro faraglioni.
La costruzione di una diga che avrebbe dovuto difendere Aci Trezza dalle violente mareggiate ha favorito l'accumulazione di alghe all'interno della baia, senza risolvere i problemi legati alla tenuta degli ancoraggi.
L'immagine è tratta dalla rivista "Le Vie d'Italia",
edita dal TCI nel giugno del 1967
La scelta di non utilizzare attori ma interpreti scelti fra pescatori e donne del villaggio che in scena recitavano nella parlata locale contribuì al fallimento commerciale dell’opera, il cui lancio – nel 1948 - era stato pure preceduto dal riconoscimento del premio speciale della giuria del Festival del Cinema di Venezia.

Una barca carica di nasse, in un'altra fotografia
di Ezio Quiresi edita nel 1961. 
Il mare di Aci Trezza ancora negli anni Cinquanta era ricco di pesce: la cementificazione della costa dei decenni successivi ha prodotto un inevitabile inquinamento dell'ambiente marino.
I primi divieti di balneazione nella borgata comparvero già nel 1979  
L’investitura della critica non servì a promuovere l’interesse verso il film di un pubblico italiano appena travolto dall’onda di un boom economico assai lontano dall’arcaica condizione della piccola comunità di pescatori siciliani raccontata da Visconti.
La conseguenza più importante della realizzazione della pellicola fu semmai quella di stravolgere l’aspetto di Aci Trezza e la mentalità di buona parte dei suoi abitanti.

Uno scorcio dell'edilizia di Aci Trezza pochi anni prima
la sua radicale trasformazione.
La rapida riconversione economica della borgata - basata in maniera sempre più incisiva sul turismo - favorì la costruzione di strutture in cemento che hanno modificato per sempre l'aspetto della costa di roccia lavica.
Anche quest'immagine - come le due che seguono - è tratta dall'opera di Giuseppe Caronia edita da S.F.Flaccovio nel 1961
Gratificati dalla notorietà ottenuta grazie al film e dai benefici economici ottenuti durante la sua lavorazione – gli abitanti venivano pagati 450 lire a ripresa ed altri compensi venivano loro garantiti dall’affitto di barche, reti da pesca ed alloggi usati come set – i pescatori furono irretiti dall’improvviso benessere.


Aci Trezza, in una fotografia attribuita a B.Stefani che riassume l'ambiente  della borgata marinara  prima dell'aprile del 1953, quando l'immagine venne pubblicata dalla rivista del TCI "le Vie d'Italia"

Molti di loro abbandonarono il duro lavoro in mare per diventare affittacamere o ristoratori, mentre il borgo acquisiva sempre più l’aspetto di una qualsiasi località turistica. La trasformazione determinò anche la demolizione di una parte delle storiche case con le loro ringhiere in ferro e le piccole porte d’accesso, sostituite da un’edilizia anonima e di avvilente qualità architettonica.

Discussione sulla scalinata della borgata,
fra il mare e la chiesa di San Giovanni.
Per la realizzazione de "La terra trema", Visconti trascorse ad Aci Trezza un periodo compreso fra l'ottobre del 1947
ed il maggio del 1948.
Qualche mese dopo, il film avrebbe vinto il premio speciale della giuria del Festival di Venezia: un riconoscimento che non incise sul successo commerciale della pellicola, i cui dialoghi mantennero la parlata locale degli attori non professionisti
“Se “La terra trema” ha reso famoso il villaggio, ne ha segnato anche la lenta agonia ed infine la morte – scriverà nel 1981 il giornalista Francesco Russo – perché Aci Trezza, oggi, non esiste più. Prima della realizzazione del film, era ancora un mondo idilliaco, pulito, immerso nella sua quasi innocenza primordiale, con una trattoria di nessuna pretesa sul lungomare dove si mangiava modestamente guardando i tre faraglioni di lava rappresa che si ergevano con nera prepotenza sul cobalto del mare.


La scogliera di Aci Trezza in una fotografia pubblicata in una guida dell'ENIT della Sicilia tra la fine degli anni Cinquanta ed il decennio successivo dello scorso secolo: sul paesaggio primitivo raccontato da "La terra trema" hanno fatto la loro comparsa basi in cemento, passerelle, sdraio ed ombrelloni del turismo d'assalto

Gli scogli di lava su cui un tempo giocavano i bambini e le donne stendevano il bucato furono ricoperti di cemento per sistemare cabine, piazzole per bar, sedie a sdraio e piste da ballo”.


Un'eccezionale veduta di Aci Trezza databile alla fine dell'Ottocento.
Sulla sinistra, l'originario tracciato della strada statale che collega Catania a Messina, lungo la costa dello Jonio.
L'immagine è tratta dall'opera  "Acireale d'altri tempi", a cura di Cristoforo Cosentini ed edita nel 1970 dalla Regione Siciliana-Assessorato per il Turismo-Azienda Autonoma della Stazione di Cura di Acireale 

Negli anni successivi, la devastazione dello straordinario paesaggio di Aci Trezza sarebbe stata completata con la costruzione di una diga lunga 160 metri, responsabile della stagnazione di un’enorme e maleodorante quantità di alghe.

Pescatori in strada, luogo che in tutte le borgate marinare del Mediterraneo - come lo era Aci Trezza -  diventava
uno spazio di discussione e di lavoro
L’opera avrebbe dovuto proteggere le imbarcazioni dalle violente mareggiate; scettici nei confronti della sua efficacia, i pescatori avrebbero invece continuato a tirare in secca le barche.
Sullo scomparso paesaggio verghiano, infine, sarebbe calata la scure dell’inquinamento. I primi divieti di balneazione comparvero nel 1979, ed oggi l’immagine di Aci Trezza non è più quella delle fotografie riproposte da ReportageSicilia: un epilogo comune a tanti altri borghi marinari – non solo siciliani – e che dimostra l’incapacità dell’uomo di far sopravvivere le bellezze ambientali alla scelta di farne oggetto di sfruttamento turistico.

Il paesaggio aspro e primitivo del mare di Aci Trezza e dei suoi faraglioni in uno scatto tratto dall'opera "Sicilia"
edita dal TCI nel 1961 ed attribuito all'ENIT. 
Oggi quel mondo primordiale non esiste più, soffocato dall'invasivo intervento dell'uomo sull'ambiente e sui suoi stessi comportamenti nella gestione dell'economia locale



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